Videocamere a tutela dei fragili, sempre più urgenti oltre pregiudizi e veti

StatoQuotidiano, 27 gennaio 2023. Il caso del Don Uva sugli abusi ai pazienti psichiatrici è esploso con una carrellata di video che hanno scoperchiato un inferno di cui nessuno, probabilmente, dubitava. È l’impatto mediatico, è il raccapriccio di chi ascolta da cittadino- quindi non da inquirente o da carabiniere- il fragore degli schiaffi, vede il taglio delle lenzuola o una persona trascinata nei corridoi. Ci sarebbe anche una violenza sessuale indotta, a quanto pare, contro una donna e, fra i nomi delle persone arrestate, anche quelli di donne.

Particolare che a noi risulta tanto più raccapricciante perché si ripete sempre quanto il lavoro di cura sia, ahinoi, solo a loro demandato. Ma ogni nostro parametro, adoperato sull’onda dell’emozione e dello sdegno – una libertà di essere disgustati, insomma, che nessuno può impedirci di esprimere – salta di fronte a quanto abbiamo visto, anzi intravisto.

Detto ciò, assistiamo in queste ore a un botta e risposta fra sindacati e azienda Don Uva sul confine tra privacy, tutela dei pazienti e dei lavoratori. La questione ha una sua consistenza su un piano delicato fatto responsabilità di tutti, di formazione e di adeguatezza al ruolo su cui, certo, superando veti e pregiudizi, si può lavorare. La Cgil chiede un tavolo di discussione per un settore in cui “la fragilità dei pazienti si scontra con il burnout, stress collegato al lavoro, di chi è evidentemente inadatto a lavorare in certi settori”. Quindi, si presume, anche personale da vari anni in azienda.

In ogni caso il tema è quello di prevenire altri episodi simili, che magari stanno avvenendo altrove e di cui non si sa nulla perché il paziente non è in grado di denunciare e perché, senza videocamere, l’inferno potrebbe essere perpetuo.

 Nel 2021 il M5s ha presentato un emendamento alla Legge di Bilancio per l’introduzione dei sistemi di videosorveglianza negli asili e nelle strutture per gli anziani. Prevedeva anche l’incremento dei fondi istituiti con il decreto sblocca-cantieri per un totale di 10 milioni di euro– a valere per il triennio successivo- al fine assicurare la più ampia tutela dei minori nelle scuole dell’infanzia e delle persone ospitate nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali.

Circa le registrazioni effettuate dai sistemi di videosorveglianza, la proposta era che venissero automaticamente criptate, cifrate e conservate per ventiquattro mesi con l’accesso vietato, tranne alle forze dell’ordine, e il Garante per la protezione dei dati personali a definire gli adempimenti necessari.

A Maggio del 2021, il gruppo consiliare della Lega di Puglia ha depositato un proposta di legge dal titolo “Disposizioni in materia di videosorveglianza negli asili nido, nelle scuole dell’infanzia nonché presso le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio” al fine di tutelare i minori, gli anziani e i disabili e con l’obiettivo di garantire la loro sicurezza e la serenità delle loro famiglie, il tutto nel completo rispetto della normativa sulla privacy. Circa la tutela della privacy, il criterio è il medesimo usato dalla proposta del M5s.

Il 15 Novembre 2022 la Codacons scrive in una nota: “Che fine ha fatto la proposta di legge nazionale su videosorveglianza in asili nido e centri di accoglienza approvata alla Camera nel 2018? E afferma: “Per bloccare violenze in Rsa e asili l’unica misura utile è il ricorso a telecamere”.

Questo per dire quanto siano svariati i casi di cronaca che si ripetono con lo stesso identico schema, al netto di quelle che saranno le indagini, e quanto la questione del controllo preventivo sia stata affrontata a livello parlamentare, e regionale, con proposte di legge che non hanno avuto seguito. Sarebbe il caso di riparlarne non solo dal punto di vista del sindacato che fa il suo mestiere o dell’azienda che precisa e ribatte, ma dal punto di vista delle vittime, vere o presunte.

 

 

Redazione

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