“Il 63% dei lavoratori licenziato”: ci dispiace ma dovete starvene a casa vostra | Passato il ‘decreto’

Lavoratore disperato senza soldi (Depositphotos foto) - www.statodonna.it
Licenziamenti e richiami per chi rifiuta l’ufficio: sotto attacco questo lavoro mentre aziende e governi spingono.
Negli ultimi anni abbiamo visto cambiare tutto. E quando dico tutto, intendo proprio il modo in cui lavoriamo, viviamo e mescoliamo le due cose. Lavorare in un certo modo è diventato, per molti, non solo una comodità ma una vera e propria rivoluzione personale.
Si sono scoperti ritmi diversi, nuove abitudini… e anche un po’ di pace. Ora però sembra che questa situazione stia vacillando. Sempre più spesso si torna a parlare — con toni nemmeno troppo morbidi — di rientro obbligatorio in ufficio.
Le aziende spingono, i governi danno una mano, e i dipendenti si trovano nel mezzo, stretti tra ordini che arrivano dall’alto. Il clima è teso, e la sensazione diffusa è che qualcosa stia per rompersi. La distanza tra chi gestisce e chi lavora non è mai sembrata così netta.
Da una parte ci sono i dirigenti, convinti che la produttività stia calando (spoiler: non è detto), dall’altra chi si è finalmente abituato a una vita più equilibrata, più umana. Il punto d’incontro? Boh, al momento pare non esistere.
Tra diritti e imposizioni
E quindi che si fa? C’è chi si adegua, magari turandosi il naso. E chi invece dice no. Ma dire “no” ha un prezzo, e non è simbolico. È reale, tangibile. E per molti, pure piuttosto salato. Il dato che colpisce di più? Due terzi delle persone non accetterebbero nemmeno un 15% in più di stipendio in cambio del ritorno in ufficio.
Eppure, la tendenza va esattamente in quella direzione. Le aziende stanno forzando la mano, imponendo regole rigide e mostrando poca tolleranza per chi non si adegua. Il messaggio è chiaro: o torni, o sei fuori. Ed è così che questo modo di lavorare rischia di diventare solo un bel ricordo.

Il ritorno in sede non è più una scelta
Come riporta www.tomshw.it, LiveCareer, una piattaforma che si occupa di curriculum e carriera (quelle robe utili che usiamo tutti prima o poi), ha tirato fuori un report dal titolo “Rientro in ufficio: realtà e previsioni”, pubblicato a gennaio 2025. Hanno chiesto a più di 1.000 persone com’è andata con questa storia del ritorno in sede. Il dato che salta subito all’occhio? Il 91% degli intervistati ha detto di conoscere qualcuno che è stato obbligato a tornare in ufficio, già dal 2023.
E fin qui, ok. Ma la cosa davvero pesante è quello che succede a chi si oppone. Secondo lo stesso sondaggio, l’86% ha visto accadere qualcosa di negativo a chi ha rifiutato il rientro. E no, non parliamo di uno sguardo storto in pausa caffè. Parliamo di licenziamenti veri e propri: il 63% degli “oppositori” ha perso il lavoro. Un altro 23% è stato richiamato ufficialmente. In pratica, quasi nessuno è uscito indenne.