Whatsapp, “Vietato inviare messaggi”: da oggi scattano i controlli del fisco subito | Cancellate l’app

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"Vietato inviare messaggi" (pixabay.com) - www.statodonna.it

La Cassazione chiarisce: le chat di WhatsApp valgono come elemento di prova. Approfondiamo le conseguenze per i cittadini.

L’era digitale ha cambiato il dialogo, ma anche il controllo. Ha incentivato lo scambio e la connessione continui, ma anche i rischi di essere monitorati.

Con una recente sentenza della Cassazione, il diritto italiano fa un passo in avanti decisivo e determinante nell’uso della tecnologia in ambito legale.

Da oggi, un messaggio su WhatsApp può essere oggetto di controllo. I motivi vengono ampiamente chiariti dalla normativa e, per l’appunto, dalla Cassazione.

Non si tratta di controlli occulti o ingiusti. Il tutto rientra in una prassi di tutela del diritto e della materia legale nel nostro paese, spesso colpita da frodi o atti illeciti vari. Capiamoci meglio.

La sentenza chiave

Come chiarito da Ott11Ot2,  la Corte di Cassazione, attraverso la sentenza 1254/2025, precisa che le chat da smartphone sequestrati o da terzi sono ammesse come prova ed elemento di controllo da parte del Fisco, specialmente se autentiche e tracciabili. In pratica, il Fisco può usare le chat a supporto delle indagini, specie in caso di presunta evasione, irregolarità contabili o operazioni non dichiarate.

Il principio della Cassazione non è inedito. Già la Corte Costituzionale (sentenza 170/2023) aveva ammesso l’uso di chat da dispositivi sequestrati, senza violare le norme sulle intercettazioni. Anche la Commissione Tributaria di Trento si era espressa in modo simile nel 2016. Cosa cambia con questa sentenza? La novità è che la Cassazione convalida WhatsApp come prova documentale nei processi fiscali, equiparandoli a fatture, email o contratti scritti. Non basta più celare l’evasione dietro la privacy delle chat: una conversazione può compromettere il contribuente.

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Il principio della Cassazione non è inedito (pixabay.com) – www.statodonna.it

I dati a favore

Ovviamente, secondo le fonti, le prove devono essere verificabili, complete e attribuibili con certezza a una persona. Questo avviene con analisi forensi che valutano l’origine del messaggio, eventuali modifiche e la catena di custodia digitale. Non è il Fisco a spiare, ma può usare legalmente ciò che emerge da un dispositivo sequestrato o da una fonte lecita.

Questo incide anche sulle verifiche fiscali: la Guardia di Finanza potrà controllare non solo i documenti cartacei o la contabilità, ma anche i dati su smartphone, computer e app. Ne consegue un’azione fiscale più efficace, con un nuovo strumento d’indagine che può essere decisivo nelle controversie. In conclusione, la sentenza 1254/2025 non invita a “cancellare WhatsApp”, ma avverte: le comunicazioni digitali non sono zone franche e possono essere usate contro di noi se violiamo la legge. In un mondo sempre più digitale, è essenziale riflettere prima di condividere strategie fiscali rischiose via app.