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Le “donne del mare”: le pescatrici Haenyeo della Corea del Sud

 

Custodi del mare senza bombole: le Haenyeo coreane sfidano l’oceano a mani nude, tramandando una tradizione millenaria di resilienza e autosufficienza femminile.

L’eredità sommersa di un sapere antico

Nel cuore dell’isola di Jeju, al largo della costa meridionale della Corea del Sud, vive una delle comunità più straordinarie e affascinanti del mondo marino: le Haenyeo, letteralmente “donne del mare”. Queste pescatrici, alcune delle quali superano i 70 anni, si tuffano ogni giorno nell’oceano senza l’ausilio di bombole d’ossigeno per raccogliere molluschi, alghe e altri frutti di mare.

La loro attività, risalente a più di mille anni fa, è molto più di un semplice lavoro: rappresenta un sistema di vita fondato sull’autonomia femminile, sulla profonda conoscenza dell’ecosistema marino e sul rispetto dei cicli naturali. Le Haenyeo incarnano un modello culturale in cui il ruolo della donna è centrale nella gestione delle risorse e nella trasmissione dei saperi.

Ogni immersione dura in media tra i 30 secondi e i 2 minuti, durante i quali le Haenyeo trattengono il respiro e si affidano esclusivamente alla loro esperienza per evitare pericoli e massimizzare la raccolta. L’attività è regolata da un codice di condotta non scritto, volto a garantire la sostenibilità della pesca e a proteggere l’ambiente marino.

Questa tradizione è stata riconosciuta come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dall’UNESCO nel 2016, proprio per la sua unicità e per il valore etnografico e antropologico che riveste a livello globale.

Un sapere che resiste tra onde e modernità

Nonostante la crescente modernizzazione e la pressione esercitata dalla pesca industriale, le Haenyeo continuano a resistere, sostenute da reti comunitarie forti e da un’etica del lavoro solidale. Il mestiere si apprende fin dalla giovane età, ma sono sempre meno le nuove generazioni disposte a raccogliere l’eredità delle madri e delle nonne.

Le donne del mare si distinguono per la loro straordinaria capacità di adattamento: utilizzano mute in neoprene per proteggersi dal freddo, maschere e coltelli affilati per tagliare le alghe, ma nessun ausilio tecnologico che possa alterare l’equilibrio con il mare. La loro immersione è accompagnata dal sumbisori, un caratteristico suono emesso durante l’espirazione al ritorno in superficie, diventato simbolo acustico della loro presenza nelle baie coreane.

L’economia locale beneficia direttamente del lavoro delle Haenyeo, le cui raccolte sono vendute nei mercati o destinate all’esportazione. Tuttavia, la progressiva riduzione del numero di pescatrici – passate da circa 30.000 negli anni ’60 a meno di 4.000 oggi – ha acceso i riflettori sulla necessità di tutelare non solo l’attività, ma anche il patrimonio culturale e identitario che rappresenta.

In risposta a questa crisi, le autorità sudcoreane hanno avviato programmi educativi e incentivi per promuovere la formazione delle nuove Haenyeo, integrando documentazione audiovisiva e testimonianze orali nei musei e nei centri culturali, come il Haenyeo Museum di Jeju.

Una voce collettiva contro l’oblio

Le Haenyeo non sono semplici pescatrici, ma custodi di un equilibrio millenario tra l’uomo e il mare. La loro esistenza sfida la narrativa dominante della tecnologia come unico strumento di progresso, dimostrando come sia possibile convivere con la natura in modo armonico e sostenibile.

In un mondo sempre più segnato dal cambiamento climatico e dalla crisi delle risorse, l’esempio delle Haenyeo assume un significato universale. La loro resilienza diventa simbolo di una resistenza culturale e ambientale, capace di offrire modelli alternativi di sviluppo locale e gestione sostenibile.

Il futuro delle Haenyeo dipende oggi dalla capacità di rendere questa tradizione accessibile, valorizzandola non come un retaggio folkloristico, ma come un sistema vivente di conoscenze e pratiche. Le politiche pubbliche, la ricerca accademica e la comunicazione internazionale svolgono un ruolo fondamentale in questo processo.

Mentre il numero delle Haenyeo continua a diminuire, la loro voce collettiva continua a emergere, forte come il respiro che le riporta in superficie dopo ogni immersione. Una voce che merita di essere ascoltata, studiata e protetta, affinché possa ancora insegnarci a respirare con il mare.

Carolina Valdinosi

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