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Referendum 2025: nel Nord Italia i voti delle donne superano quegli degli uomini

Le città del Nord trainano l’affluenza, le donne superano gli uomini e i laureati dominano i seggi. Una radiografia sociale e politica del voto.

Nonostante l’esito negativo e la mancata soglia del quorum, il referendum dell’8-9 giugno 2025 offre una lettura sociopolitica estremamente interessante. Solo il 30,6% degli aventi diritto si è recato alle urne, ma i dati, come riportati da ANSA, rivelano uno spaccato netto tra Nord e Sud, tra genere maschile e femminile, tra periferia e centro urbano. Il voto, pur nel suo fallimento formale, ha lasciato in eredità uno scenario complesso e rivelatore.

Le città del Centro-Nord, da Firenze a Bologna, si sono distinte per un’affluenza sopra la media nazionale, superando in alcuni casi il 45%. Un dato che si collega direttamente a una partecipazione politicamente motivata, legata in larga misura ai partiti di area progressista come Partito Democratico e Alleanza Verdi-Sinistra. Lì dove la sinistra è storicamente radicata, le urne si sono riempite.

Affluenza asimmetrica: Nord e grandi città in testa, Sud e province fanalino di coda

Il dato geografico è inequivocabile: nel Centro-Nord l’affluenza ha raggiunto in media il 36%, mentre al Sud si è fermata al 24%, con la Sicilia al minimo storico del 23%. Eccezione alla regola è Nuoro, che ha superato il 59%, trascinata dalle amministrative locali. Tra le province meno partecipative spicca Bolzano, con un magro 15,9%.

Le metropoli, invece, hanno risposto in modo più deciso. A Torino, Milano, Genova e Roma si è votato con una media del 35,5%, superiore al dato nazionale. Nei grandi centri urbani l’attivismo civico sembra trovare terreno più fertile, specie nei quartieri centrali e culturalmente dinamici.

Un altro aspetto rilevante è la tipologia di quesiti: quello sulla cittadinanza ha ricevuto maggiori consensi nelle ZTL delle grandi città, aree ad alta densità culturale e progressista. Al contrario, i referendum sul lavoro hanno visto maggiore attenzione nelle zone periferiche e popolari, come i quartieri torinesi di San Salvario, Aurora e Mirafiori.

Secondo YouTrend, l’orientamento politico ha avuto un ruolo decisivo. Rispetto ai referendum promossi dal centrodestra nel 2022, che avevano raccolto appena il 20,9% di votanti, questo appuntamento ha dimostrato una mobilitazione più strutturata e ideologicamente marcata.

Donne protagoniste, giovani progressisti e laureati più coinvolti

Un cambiamento di paradigma si è registrato anche sul fronte del genere. Le donne hanno votato più degli uomini: 31,3% contro 29,1%. Un’inversione rispetto alle abitudini elettorali italiane, dove storicamente il maschile dominava la partecipazione. Stavolta, invece, la maggiore affinità tra l’elettorato femminile e le istanze progressiste ha fatto la differenza.

L’analisi socioculturale curata da Lorenzo Pregliasco per YouTrend suggerisce un altro elemento interessante: la correlazione tra titolo di studio e partecipazione. Nelle città con più del 20% di laureati, l’affluenza ha toccato il 36,7%. Dato che evidenzia come l’elettorato più istruito abbia percepito il referendum come un’occasione di espressione politica e civica.

Allo stesso modo, l’età anagrafica ha inciso. I giovani sembrano più coinvolti nelle aree dove l’offerta politica progressista è più visibile e dove il dibattito pubblico è vivo. Questo si è tradotto in una maggiore mobilitazione soprattutto in contesti urbani, accademici e professionali.

Il referendum del 2025, pur essendo stato tecnicamente un fallimento dal punto di vista istituzionale, si è rivelato un test significativo per leggere l’Italia che partecipa. Non quella generale, ma quella consapevole, coinvolta e politicamente attiva.

Oltre i numeri: cosa ci dicono i dati sulla partecipazione democratica

L’Italia del 2025 appare divisa, ma anche capace di offrire nuovi segnali di vita democratica. L’analisi del voto dimostra che il quorum non è più sufficiente per misurare la vitalità politica di un Paese. Il dato sull’astensionismo resta preoccupante, ma le sacche di partecipazione consapevole non vanno sottovalutate.

Il protagonismo delle donne, l’impegno dei laureati, la spinta delle città metropolitane e dei giovani politicamente formati sono tutti elementi che contribuiscono a ridisegnare il volto dell’elettorato italiano. Non si tratta solo di numeri, ma di segnali concreti sul cambiamento sociale in atto.

Le istituzioni dovranno tenerne conto. Il problema non è solo far votare di più, ma anche garantire che chi vota abbia gli strumenti per farlo in modo consapevole. E questo richiede un’azione coordinata tra scuola, media e politica.

Carolina Valdinosi

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