Il microbiota e l’endometriosi: nuove speranze dalla ricerca Biome-Endo

Un nuovo studio rivela una delle possibili cause dell’endometriosi: la speranza per molte donne potrebbe arrivare da un alleato microscopico, ma fondamentale per la salute femminile.
Si tratta del microbiota, l’insieme di microrganismi che popolano l’intestino e il tratto genitale, protagonista del progetto di ricerca Biome-Endo.
Avviato recentemente, lo studio Biome-Endo si propone di indagare il ruolo del microbiota nell’endometriosi, una patologia cronica che colpisce circa il 10% delle donne in età fertile, causando dolore pelvico, disturbi mestruali e infertilità. Le ripercussioni sulla qualità della vita sono spesso gravi e sottovalutate. Secondo quanto riportato da Named Group, comprendere i meccanismi alla base di questa malattia è una priorità clinica e sociale.
Il microbiota svolge un ruolo chiave nell’equilibrio immunitario e nella salute generale. Le alterazioni della sua composizione, note come disbiosi, sono state associate a diverse condizioni infiammatorie, tra cui proprio l’endometriosi. Studi recenti pubblicati su PubMed Central hanno mostrato come il disequilibrio microbico possa aggravare la progressione della malattia. La sfida, dunque, è comprendere come e quando avvengano queste alterazioni e se possano diventare bersagli terapeutici.
Il progetto Biome-Endo adotta un approccio prospettico: analizza nel tempo campioni biologici (saliva, feci, tamponi vaginali) e dati clinici di donne con e senza diagnosi di endometriosi. Obiettivo: osservare come variazioni microbiche possano influenzare i sintomi, la risposta ai trattamenti e l’evoluzione clinica. Un’indagine a 360° che si avvale di tecnologie avanzate di sequenziamento genetico per mappare il microbioma in maniera dettagliata.
Il microbiota intestinale e vaginale potrebbe infatti modulare i processi infiammatori alla base della malattia, interferendo con i meccanismi immunitari e ormonali che regolano il tessuto endometriale. L’ipotesi è che alcuni microrganismi agiscano da amplificatori o da protettori nei confronti dell’infiammazione cronica tipica dell’endometriosi.
Il nuovo studio
Lo studio, condotto da istituzioni italiane in collaborazione, rappresenta un cambio di paradigma: non più solo sintomi da trattare, ma meccanismi biologici da comprendere e modulare. L’identificazione di biomarcatori specifici potrebbe aprire la strada a diagnosi più precoci e terapie personalizzate, basate ad esempio sull’uso mirato di probiotici o modifiche dietetiche.
Grazie alla natura longitudinale del progetto, Biome-Endo può monitorare i cambiamenti del microbiota in relazione a fattori esterni come alimentazione, terapie, stile di vita. Ciò permetterà di tracciare una mappa temporale dell’endometriosi, identificando i momenti critici in cui intervenire per prevenire le complicazioni, come l’infertilità. Un obiettivo ambizioso che potrebbe trasformare il modo in cui la medicina affronta questa patologia.
Secondo le linee guida ESHRE (2022), il trattamento dell’endometriosi prevede un approccio combinato tra terapia farmacologica e chirurgia, con i progestinici come il dienogest in prima linea. Tuttavia, quando i farmaci non sono sufficienti o mal tollerati, si ricorre alla chirurgia conservativa o demolitiva. Ma queste opzioni presentano limiti e rischi, soprattutto per le pazienti che desiderano preservare la fertilità.
In questo contesto, la ricerca sul microbiota assume un valore strategico. Potrebbe ridurre la dipendenza da terapie ormonali o chirurgiche, offrendo percorsi di cura più tollerabili e sostenibili. Per molte donne, si apre una prospettiva nuova: quella di un trattamento che rispetta l’equilibrio del corpo e agisce in modo mirato sulle cause profonde della malattia.
Lo studio Biome-Endo è ancora in corso, ma le sue potenzialità sono enormi. Se confermerà l’importanza del microbiota, potremo assistere a una rivoluzione nella diagnosi e cura dell’endometriosi. Un passo avanti verso una medicina più personalizzata, preventiva e, soprattutto, attenta alla salute delle donne.