Ultim’ora lavoro, “Vietato portare il certificato medico”: vi portano dritti in tribunale se lo fate

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attenti a questo certificato

Inammissibile! (canva.com) - www.statodonna.it

Una recente decisione ha chiarito in modo inequivocabile un’abitudine diffusa nel mondo del lavoro: attenti a questi certificati medici! 

Spesso si confonde ciò che rientra nella prassi comune con azioni che, invece, sconfinano in aree grigie, a cavallo di un sottile filo tra corretto ed illecito.

Nei rapporti tra cittadini e istituzioni, si instaurano a volte dinamiche ambigue, tollerate ma che arrecano con sé violazioni serie e sottovalutate.

La rettitudine emerge anche in piccoli gesti quotidiani, come una firma o una ricevuta, specialmente se rappresentano il fulcro del rapporto fiduciario tra cittadino e Stato.

Quando tale legame si incrina, anche una somma modesta può avere gravi conseguenze legali. Specialmente se si tratta di documenti sul lavoro di un certo tipo.

Un diritto inviolabile

Non ci sono dubbi: la gratuità del certificato medico è un diritto. Come riporta Brocardi.it, la Cassazione ha ribadito che un medico del Servizio Sanitario Nazionale non può mai chiedere denaro per rilasciare un certificato di malattia. Il caso riguarda un medico di base condannato dalla Corte d’Appello di Milano per aver preteso un compenso da due pazienti in cambio della certificazione di assenza dal lavoro. Tale comportamento, evidenzia la fonte, integra il reato di induzione alla corruzione, previsto dall’articolo 322 del codice penale.

Il medico, nel suo ricorso, ha tentato di sminuire l’accaduto, sostenendo che le richieste erano state formulate a suo dire “in tono scherzoso e amichevole” e che nessun paziente si era lamentat; ha inoltre fatto presente che l’importo richiesto era esiguo, circa 30 euro, e che l’episodio non aveva avuto ripetizioni successive. La Cassazione, tuttavia, con la sentenza n. 19409/2025, ha respinto tali argomentazioni, affermando che anche la sola richiesta di denaro per un servizio dovuto gratuitamente costituisce reato, a prescindere dal tono o dall’eventuale tacito consenso.

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Una sentenza durissima (canva.com) – www.statodonna.it

L’illecito non giustifica l’ironia

Brocardi ci riporta un passaggio cruciale della sentenza: “la particolare tenuità del fatto non può essere riconosciuta quando le condotte criminose presentano tratti comuni che denotano un’inclinazione a delinquere“. Questo principio ha portato la Corte a negare l’applicazione dell’articolo 131-bis codice penale, che esclude la punibilità per reati minori. Di conseguenza, anche piccole somme, se richieste in violazione dei doveri di un pubblico ufficiale, possono configurare un reato.

La Cassazione ha chiarito, inoltre, che non è necessaria la reiterazione del fatto: un singolo episodio è sufficiente se compromette l’imparzialità e il buon funzionamento del servizio pubblico. Questa sentenza assume quindi un valore fortemente emblematico: ribadisce che ogni cittadino ha diritto all’accesso gratuito a documenti essenziali per la tutela del lavoro e della salute, e che il rispetto delle regole non è mai negoziabile, nemmeno con il sorriso.