“930 euro per una cena” e parte la denuncia: scontrino folle a pochi passi da Roma | Costretta a intervenire a Guardia di Finanza

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Ristorante di lusso (Depositphotos foto) - www.statodonna.it

Ristorante di lusso (Depositphotos foto) - www.statodonna.it

Un conto salato in vacanza accende le polemiche su trasparenza e prezzi nei ristoranti di lusso: una cena si trasforma in un caso mediatico.

Un pranzo vista mare può sembrare l’idea perfetta per godersi l’estate, specie su un’isoletta pittoresca e piena di fascino. Ma a volte il ricordo che ti porti a casa non è il panorama o la compagnia, bensì il conto. Succede, ogni tanto, che l’esperienza gastronomica finisca sotto i riflettori non per il gusto… ma per il prezzo. E quando questo accade in luoghi molto frequentati dai turisti, la miccia si accende in fretta.

Non è solo una questione di cifre. C’è di mezzo la percezione, le aspettative, la trasparenza dei locali e la comunicazione con i clienti. In certi posti si dà per scontato che “il pesce costa”, ma se sul menù non vedi quanto costa davvero, qualche perplessità può nascere. Soprattutto se a fine pasto ti trovi davanti a una cifra che – diciamolo – lascia un po’ interdetti.

Alcuni ristoratori, va detto, cercano di evitare questi malintesi. Ma non sempre basta. Perché chi è in vacanza magari non coglie tutti i dettagli, o semplicemente non immagina che un piatto di pasta possa superare… beh, cifre considerevoli. E se poi qualcosa non torna, la discussione è dietro l’angolo.

Ecco, quando poi si finisce a condividere lo scontrino online, è chiaro che non si parla più di un semplice pranzo. Le dinamiche cambiano, i commenti si moltiplicano, e il caso rimbalza sui media. Anche se, in fondo, tutto è partito da una tavolata tranquilla con vista mare.

Una giornata normale, un finale un po’ meno

Tutto è successo il 5 luglio scorso a Ponza, in un ristorante molto conosciuto. Quattro turisti si sono seduti, hanno ordinato pasta all’aragosta e due bottiglie di vino bianco delle Cantine Migliaccio. Il conto? Ben 923 euro. Parliamo di 230 euro a testa. Non proprio una cifra da pranzo leggero. E infatti la vicenda è finita prima sui social e poi sui giornali, come riporta anche Everyeye.

Il proprietario ha risposto alle critiche spiegando che il prezzo è giustificato dalla qualità. “L’aragosta la portiamo viva al tavolo, pesa 825 grammi ciascuna e costa 230 euro al chilo”, ha detto. A quanto pare, dopo le lamentele, ha anche fatto uno sconto. Secondo lui, chi ordina dovrebbe sapere cosa sta scegliendo. “C’è sempre l’etichetta con il peso, a volte li portiamo anche all’acquario per farli decidere”, ha aggiunto. Ma c’è dell’altro.

Cucina di un ristorante (Pixabay foto) - www.statodonna.it
Cucina di un ristorante (Pixabay foto) – www.statodonna.it

Menù digitali e prezzi invisibili

Un’altra questione emersa è che il menù online del ristorante non riporta i prezzi. Come ha fatto notare Everyeye tramite il sito Scatti di Gusto, sarebbe meglio specificarli, per evitare fraintendimenti. Anche perché nel locale ci sono piatti per tutte le tasche – da 15, 20 euro – ma se non viene chiarito cosa costa cosa, può nascere confusione. E magari tensioni.

Il sindaco di Ponza, Franco Ambrosino, ha detto di non sapere nulla dell’accaduto. “Non ci sono state lamentele ufficiali, nessuno mi ha detto niente”, ha risposto ai giornalisti. Intanto, la discussione continua: c’è chi difende la qualità e chi parla di esagerazione. E la domanda resta: ma un piatto di pasta all’aragosta, può davvero costare quasi mille euro?