“Mamma mi hanno ESPULSO da SCUOLA”: il nuovo dress code scatena il caos | Per un centimetro ora si rischia grosso

0
Dresscode scolastico

il nuovo dresscode scolastico è questo (Freepik Foto) - www.statodonna.it

Negli ultimi anni, il tema del dress code scolastico è diventato un terreno di confronto acceso in Italia.

Non si tratta soltanto di estetica, ma di un aspetto che tocca da vicino l’identità dei giovani e la percezione stessa della scuola come istituzione. Per molti dirigenti, la questione dell’abbigliamento riflette il rispetto dovuto al contesto educativo.

La scuola, infatti, non è solo un luogo in cui si apprendono nozioni, ma anche uno spazio di socializzazione e formazione civica. È qui che gli studenti imparano a coniugare libertà personale e regole condivise, equilibrio spesso difficile da raggiungere quando si parla di espressione attraverso i vestiti.

Non stupisce quindi che, a ogni inizio d’anno scolastico, emergano nuove discussioni sulle regole di abbigliamento. Gonne corte, jeans strappati, piercing, unghie artificiali o barbe eccentriche diventano simboli di una tensione più ampia tra autorità e autodeterminazione.

Se da un lato c’è chi difende l’idea che le norme siano necessarie per garantire ordine e decoro, dall’altro c’è chi intravede il rischio di derive autoritarie, che potrebbero comprimere la libertà individuale senza reali benefici sul piano educativo.

Le nuove regole negli istituti italiani

Come riportato da GreenMe in un articolo di Rebecca Manzi del 18 settembre 2025 (dati tratti da Orizzonte Scuola), diversi istituti hanno introdotto circolari e opuscoli con l’elenco degli indumenti consentiti e vietati. Le restrizioni colpiscono in particolare le studentesse: top corti, addomi scoperti, gonne o pantaloni troppo corti e jeans con strappi sono tra i capi più contestati. Ma anche accessori e dettagli estetici non sono risparmiati: unghie finte lunghe, trucco appariscente e capelli colorati finiscono nel mirino dei Prof.

Il caso più eclatante arriva da un liceo di Taormina, dove la dirigente ha fatto stampare un vero e proprio manuale illustrato con esempi visivi degli outfit ammessi e di quelli che possono portare all’allontanamento da scuola. Una misura che evidenzia la volontà di trasformare la regola in prassi quotidiana, eliminando zone grigie di interpretazione.

Dresscode scolastico
Il dresscode scolastico è questo, ecco come cambia (Freepik Foto) – www.statodonna.it

Il dibattito tra presidi, famiglie e associazioni

Il presidente dell’Associazione nazionale presidi di Roma, Mario Rusconi, ha spiegato a GreenMe che non si tratta tanto di imporre un codice rigido, quanto di richiamare al buon senso: «Nessuno andrebbe a un matrimonio vestito da bagnino, allo stesso modo non si capisce perché a scuola ci si debba presentare con abiti inadeguati».

Altri dirigenti, come il vicepresidente di DirigentiScuola Roberto Mugnai, invitano però a percorrere una strada più dialogica, coinvolgendo famiglie e studenti. Il Codacons, dal canto suo, si schiera apertamente contro tali disposizioni, denunciando il rischio di limitare la libertà personale e di burocratizzare ulteriormente la vita scolastica. Secondo le stime citate da GreenMe, circa un istituto su cinque ha già adottato norme di questo tipo, segno che la questione non è marginale e continuerà a sollevare polemiche. Il documento “Dresscode” diffuso da ANSA dedica particolare attenzione alle scarpe, ma proprio qui nascono le maggiori confusioni: da un lato vengono indicate come ammesse calzature adeguate e chiuse, dall’altro si vietano esplicitamente modelli ritenuti “inappropriati”, come infradito, ciabatte e zeppe troppo alte. La mancanza di una definizione precisa di cosa sia effettivamente “adeguato” lascia spazio a interpretazioni differenti tra scuole e dirigenti, creando disorientamento negli studenti e nelle famiglie: ciò che in un istituto è tollerato, in un altro può diventare motivo di richiamo o addirittura di esclusione. Un’area grigia che dimostra quanto un dettaglio apparentemente banale, come le scarpe, possa trasformarsi in terreno di scontro regolamentare.