Chiamata alle armi, con l’incubo della guerra si apre uno scenario terrificante | Lo dice l’art. 52: “È dovere di ogni cittadino”

Chiamata alle armi - StatoDonna.it (Fonte Pixabay)
Le guerre in corso potrebbero portare a un intervento dell’Italia: quali potrebbero essere le conseguenze?
Durante la Prima Guerra Mondiale, il regime di guerra in Italia prevedeva la mobilitazione totale: uomini arruolati, industrie riconvertite, stampa controllata. Ogni risorsa era subordinata allo sforzo bellico. La distinzione tra civile e militare si dissolveva.
Nel secondo conflitto mondiale, il regime di guerra fu ancora più pervasivo. Il Fascismo imponeva censura, propaganda, arruolamenti forzati. Le donne furono mobilitate nei settori produttivi. I territori occupati subirono requisizioni e deportazioni.
Negli anni ’90, con la guerra nei Balcani, l’Italia non fu coinvolta in forma diretta, ma partecipò con missioni NATO. Il regime di guerra si tradusse in decreti di emergenza, spostamenti di truppe, gestione dei rifugiati.
Durante le missioni in Afghanistan e Iraq, il regime di guerra italiano fu limitato alle Forze Armate. Il conflitto era esterno, gestito da professionisti. La popolazione restava spettatrice. Cosa potrebbe accadere ora?
Cosa cambia
Il regime di guerra, nei decenni passati, ha comportato una ridefinizione delle priorità statali. In tempo di conflitto, la produzione industriale veniva riconvertita, la stampa sottoposta a controllo, i diritti civili sospesi. Le leggi ordinarie venivano superate da decreti speciali. La scuola, la sanità, i trasporti venivano subordinati alla logistica militare.
Ogni cittadino diventava una risorsa. Anche in assenza di una dichiarazione formale, la guerra modificava la struttura dello Stato. Oggi, con l’aumento delle tensioni internazionali ci si chiede se un regime simile potrebbe tornare a essere operativo. Cosa sta accadendo?

Cosa potrebbe accadere
Secondo quanto riportato da Newsroom24, in caso di guerra o mobilitazione generale l’Italia seguirebbe un ordine di chiamata ben definito. La leva obbligatoria, sospesa dal 2005 ma mai abolita, potrebbe essere riattivata tramite decreto del Presidente della Repubblica. I primi a essere mobilitati sarebbero i militari di carriera: Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri e Guardia di Finanza. In seconda battuta verrebbero chiamati i riservisti, ovvero ex militari congedati da meno di cinque anni e con età inferiore ai 56 anni. Solo in caso di necessità estrema si passerebbe alla mobilitazione civile. In questo scenario, sarebbero coinvolti cittadini maschi tra i 18 e i 45 anni, previa visita medica per accertarne l’idoneità.
Il Ministero della Difesa sta valutando la creazione di una forza composta da 10 mila riservisti. La Costituzione italiana, all’articolo 52, stabilisce che “la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino“, e questa norma costituzionale rappresenta la base giuridica per ogni eventuale chiamata alle armi. L’articolo chiarisce che la mobilitazione non sarebbe automatica, ma subordinata a una precisa escalation e a una dichiarazione formale dello stato di guerra. In più, il Ministro della Difesa Crosetto ha espresso la sua contrarietà a una mobilitazione in guerra di persone non formate.