“Licenzieremo 600.000 lavoratori”: l’annuncio choc travolge anche i dipendenti italiani | Tutti a casa: mutismo e rassegnazione

Lavoratore licenziato (Depositphotos foto) - www.statodonna.it
L’annuncio scuote il mondo del lavoro: cresce la paura dei lavoratori tra silenzi, timori e incertezze sul futuro.
Negli ultimi tempi, ogni volta che si sente parlare di “efficienza”, viene quasi automatico pensare a qualcosa che taglia, riduce, semplifica… magari troppo. Non si tratta solo di fare di più con meno, ma di cambiare proprio le fondamenta di come funziona il lavoro. E ogni volta che spunta una nuova tecnologia, beh, dietro si intravede sempre un impatto concreto, spesso pesante, sulle persone in carne e ossa. È come se il futuro stesse correndo e noi, operai, impiegati, tecnici, provassimo a stargli dietro.
Sì, perché quando si parla di produttività e innovazione, spesso si dimentica che dietro a quei numeri ci sono vite reali. Gente con affitti da pagare, figli, mutui, sogni, bollette. Il problema è che ormai il confine tra progresso e instabilità sembra essersi fatto sottile. E forse è anche normale farsi delle domande: a chi giova davvero questa “evoluzione”? E chi, invece, rischia di restare tagliato fuori?
Industrie intere hanno già visto sparire operai, tecnici, addetti… sostituiti da bracci meccanici, algoritmi, software. Ma la cosa ora sta diventando globale. I segnali c’erano, certo, ma in molti hanno preferito non vederli. O magari speravano che, almeno qui, le cose sarebbero andate diversamente. Non sembra essere così.
Ora che il quadro si fa più chiaro, la sensazione è quella di un lento ma inesorabile cambio di passo. Non si parla più solo di tecnologia, ma di riorganizzazione vera e propria. Modelli di lavoro che saltano, ruoli che diventano obsoleti nel giro di pochi anni. E tutto questo accade, spesso, senza nemmeno una comunicazione chiara. Solo silenzi, voci, e quella strana sensazione di non sapere bene cosa ci aspetta.
Gli effetti si sentono
Anche se la società ha comunicato nuove assunzioni in vista del Natale, il clima non è dei più sereni. Nei magazzini, la voce si è sparsa in fretta, e molti iniziano a temere che questi cambiamenti non siano così lontani. Già ora, in alcune sedi, la tecnologia ha preso il posto di interi turni. La paura è che la cosa si estenda. E alla svelta.
Il problema è che nessuno sa davvero quando comincerà il taglio, né come verrà gestito. Ma il sospetto è che qualcosa si stia già muovendo sotto traccia. I lavoratori restano in attesa, incerti. C’è chi spera in un ripensamento, chi si rassegna. Ma soprattutto, c’è un silenzio che pesa. Un’attesa sospesa che, da sola, dice già tutto.

Una strategia scritta tra le righe
Da un reportage pubblicato dal New York Times e ripreso anche dal Corriere della Sera, viene fuori un quadro che — per usare un eufemismo — non è proprio rassicurante. Secondo i documenti interni visti dai giornalisti americani, Amazon avrebbe messo nero su bianco un progetto per sostituire oltre 600.000 posti di lavoro con sistemi automatizzati entro dieci anni. L’azienda si affretta a dire che non è una strategia ufficiale, ma intanto… quei documenti esistono.
A quanto pare, al posto di uomini e donne nei magazzini, ci sarebbero i “cobot”, cioè robot collaborativi (una parola che suona più rassicurante, dai). E infatti, nei piani aziendali si parla proprio di “tecnologia avanzata” al posto di “automazione”. Una scelta di parole studiata, quasi un’operazione di marketing linguistico. In parallelo, si prevede anche di saltare 160.000 assunzioni solo negli Stati Uniti entro il 2027. Il tutto senza grandi annunci. Un piano silenzioso, ma parecchio ambizioso. E che nel corso del prossimo decennio potrebbe riguardare anche lavoratori di filiali di altri paesi, comprese quelle italiane.
