Myrta Merlino: “In questo film sull’82 c’è il grazie di Marco a Bearzot”
Stato Donna, 7 luglio 2022. Serata inaugurale del “Libro possibile” ieri sera a Polignano. Sul palco di piazza Moro, il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano insieme al campione del mondo Marco Tardelli e alla giornalista, e sua compagna di vita, Myrta Merlino, primi ospiti di una ricca kermesse che si svolge fino al 9 al Polignano per trasferirsi poi a Vieste.
Sono trascorsi 40 anni dalla mitica notte dell’11 luglio allo stadio Bernabèu, vittoria anticipata dal batticuore di altre straordinarie vittorie prima della finale e con un inizio molto in sordina, su cui nessuno avrebbe scommesso circa la possibilità, addirittura, di qualificarsi al turno successivo. Anche aver superato la diffidenza di tutti contro ogni pronostico, quasi senza amici e sostenitori, almeno fra gli esperti, ha reso eccezionale quell’impresa.
Questo ricordo è stato raccontato in un documentario Italia 1982, una storia azzurra, che arriverà nelle sale proprio l’11 luglio. L’urlo di Tardelli ha fatto il giro del mondo ed è una delle immagini di esultanza post gol fra le più famose in assoluto in un’epoca in cui il calcio era diverso rispetto a oggi, cambiamenti di cui Tardelli ha parlato nella conversazione con Emiliano e Myrta Merlino.
Ma quell’urlo cos’è stato? “È stato come un vulcano che esplode, in quel momento mi sono visto passare davanti tutta la mia vita, mi sono rivisto bambino con il mio sogno realizzato. È difficile da raccontare quell’emozione, bisogna viverla”, ha detto il campione del mondo a proposito di quella mitica estate.
Ma lui non ha mai realizzato di essere diventato un “campione”. “Volevo arrivare nella squadra della mia città, con tutte le ragazzine intorno. Poi sono arrivato alla Juve dove c’erano persone come Boniperti, Furino, Zoff che sapevano dirti cosa fare”. Così ha narrato alcune tappe della sua carriera calcistica dalla provincia fino all’approdo nei massimi livelli, e Merlino ha spiegato la leadership di Bearzot, “non solo un mister che manda i giocatori in campo ma un padre, un maestro”.
“Stasera sono emozionata non solo perché Emiliano l’ho sempre intervistato io- ha esordito dal palco- e stasera è successo il contrario, ma perché parlare di questo documentario è come parlare dell’anima di Marco. Lui è uno che difficilmente chiede, quello che arriva è perché qualcuno glielo propone. Questa cosa del film la voleva fare, e quando ha ricevuto qualche rifiuto ha avuto la tentazione di mollare, ma io sapevo che questa cosa per lui era la chiusura di un cerchio perché aveva la sensazione di non aver restituito a Bearzot tutto quello che aveva ricevuto”.
La vittoria al mondiale di Spagna è stato qualcosa che “riguarda il nostro dna, la nostra storia, eravamo tuti uniti e sentivamo lo stesso battito cardiaco, e questo è rarissimo in un paese sempre diviso per campanili e per fazioni, dentro c’è qualcosa di molto profondo”, ha continuato la giornalista.
Fu un ritiro, quello degli azzurri di allora, segnato da molte feroci critiche per le scelte fatte da Enzo Bearzot seguite da un ostinato silenzio stampa. “Per loro è stato un maestro, quello che resiste alle intemperie, difende i suoi quando tutti li attaccano e sa fare un passo indietro quando arriva il successo, il contrario di quello che fa mediamente un leader, un problema che c’è nella politica italiana”.
Ma chi è Marco Tardelli fuori dal campo? “Ha un senso di competizione innato nello sport- racconta Merlino- ma nella vita, dove spesso le regole del gioco sono truccate, qualunque bugia o parola non mantenuta lo spiazza, in questo io cerco di aiutarlo”. E Tardelli: “A un certo punto della mia vita ho smesso di correre, quando l’ho conosciuta ho dovuto ricominciare”.
L’ 82 è stato interpretato come simbolo di un paese che rinasce dopo il terrorismo, il terremoto dell’Irpinia, nei gesti semplici e schivi di quei ragazzi e nelle gesta dei giocatori contro Zico e Maradona. Un esempio che Merlino ha posto in relazione al presente dopo il Covid- che ci ha diviso nonostante le buone intenzioni- e con la guerra in atto verso un futuro meno drammatico tipo “L’anno che verrà”, titolo di quest’edizione del “Libro possibile”.